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Il Coaching nello sport

Come il modello del coaching permette di ottimizzare e
migliorare le performance sportive.

Uno degli ambienti più favorevoli, più o meno negli anni ’70, per la nascita del coaching, è stato sicuramente quello sportivo. Gallwey (uno dei padri fondatori del Coaching), all’epoca allenatore di tennis, ebbe delle grandi intuizioni.
Egli osservò che, nelle performance migliori dei più grandi giocatori di tennis del momento, le loro menti erano liberate da “ostacoli interiori”, canalizzando invece l’attenzione e la loro concentrazione, su aspetti pratici come ad esempio le caratteristiche della pallina: cuciture, velocità, altezza, lasciando così il corpo libero di colpire la pallina. Questa “liberazione della mente” favoriva decisamente l’atteggiamento performante dell’atleta. La cosa non si verificava negli allenamenti con i suoi ragazzi. Cosa accadeva dunque nelle menti dei suoi allievi? Perché sbagliavano?
Cominciò dunque ad ipotizzare che nelle menti dei suoi allievi, avvenisse una sorta di dialogo interiore o INNER GAME: un dialogo cioè tra un Sé pensante (che dà comandi al proprio corpo) e un Sé agente (che giudica), questo dialogo “tra sé e sé” produce uno stato mentale che, di certo, non gioca a favore della performance… Ciascuno di noi infatti parla con sé stesso: c’è chi lo fa a voce alta e chi lo fa dentro di sé, probabilmente, ti sarà capitato di vedere degli atleti che, dopo un’azione o una performance, si criticano fortemente (con parole anche “vivaci”!), oppure si fanno dei sonori complimenti se sono soddisfatti del risultato. Il grande contributo di Gallwey, infatti, sta nell’aver posto l’attenzione sulle conseguenze che dialogo interno ha in ciascuno di noi, e soprattutto, ha dimostrato (coi fatti!) che le performance sportive avevano un notevole miglioramento (a parità di allenamento fisico) con uno stato di quiete acritico.

Lui sosteneva infatti che:
“L’avversario che si nasconde dentro la nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete”.

Il dialogo interno, infatti, può essere positivo o negativo, può essere orientato alla scarsità o all’abbondanza, può innescarsi per allontanarsi da qualcosa o per andare verso qualcos’altro. Esempi di dialogo negativo sono:
“oggi sono proprio un disastro”, “non sono in partita”, “oggi faccio schifo”, “non devo sbagliare il prossimo colpo”, “non devo distrarmi”….
In questo caso, la mente dell’atleta riceve solo informazioni negative, innescando così l’attivazione della procedura inconscia e autolesionista conosciuta come “profezia autoavverante”,per cui tutto andrà esattamente come immaginato!….
Niente di magico o sovrannaturale, niente trucchi e niente imbrogli! Solo un meccanismo mentale bizzarro, tipico della mente emotiva, che impara, memorizza e si attiva, attraverso immagini e visualizzazioni.
Alla luce di quanto detto dunque, cosa succederebbe se, in quel momento l’atleta visualizzasse invece immagini positive e si dicesse frasi come “Voglio dare il meglio di me” “Non vedo l’ora di..” “Forza ce la puoi fare”? Cosa cambierebbe? Di certo l’atteggiamento mentale subirebbe una notevole trasformazione!
Ovviamente, non essendoci trucchi o imbrogli, il dialogo interno positivo da solo non basta, ma deve essere coaudivato da impegno, motivazione duratura, preparazione fisica, autoefficacia, concentrazione e rilassamento! Aspetti che vengono affrontati nel Coaching!

Per farti un esempio, ti voglio raccontare di un simpatico studio effettuato dall’Università di Chicago su un gruppo di giocatori di pallacanestro:
Il team è stato diviso in tre gruppi, ad ogni gruppo gli è stato chiesto di allenarsi sui tiri liberi e le percentuali di realizzazione sono state registrate.

Successivamente, ogni gruppo ha svolto per 30 giorni le sessioni di allenamento in maniera diversa:
• Al gruppo 1 è stato detto di non allenarsi (gruppo di controllo)
• Al gruppo 2 è stato detto di allenarsi sul campo per 1 ora ogni giorno
• Al gruppo 3 è stato detto di non allenarsi in campo, ma di allenarsi mentalmente per 1 ora ogni giorno.

Alla fine del periodo di 30 giorni i 3 gruppi sono stati di nuovo valutati sulle percentuali di realizzazione dei tiri liberi. Risultato?
• Il gruppo 1 (che non si è allenato) non ha avuto miglioramenti
• Il gruppo 2 (che si è allenato sul campo) ha migliorato la percentuale di realizzazione del 24%
• Il gruppo 3, cioè il gruppo che si è solo allenato mentalmente, ha avuto un miglioramento del 23%. Una percentuale praticamente identica a quella di chi si è allenato sul campo, senza versare una goccia di sudore!

Che ne pensi di questa cosa? Ti piace?
L’essenza del Coaching applicato allo sport permette allora di ottimizzare gli sforzi, i sacrifici, la fatica degli allenamenti fisici, attraverso un allenamento mentale costante e duraturo finalizzato a:
- Aumentare la motivazione, la resistenza allo stress e alla pressione
- Sviluppare focus e concentrazione
- Generare stati di flusso (FLOW)
- Migliorare le proprie performance
- Sviluppare obiettivi di miglioramento
- Superare ostacoli mentali (come la paura di fallire)

A chi si rivolge:
- Sportivi professionisti/agonisti
- Sportivi dilettanti
- Allenatori
- Tutti coloro che vogliono migliorare le proprie performance sportive
- Marta Guidoni

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